Il web master del giornale ed alcuni giovani lettori mi hanno suggerito di ricordare Erminio Macario ,un grande del mondo dello spettacolo che ha travalicato le dimensioni personali per assumere i connotati artistici di una maschera come Pulcinella o Arlecchino.
Non voglio però fare una sua biografia , ne esistono in rete tantissime , molto ben fatte e complete , che magari consulterete per approfondire la curiosità che spero nasca nei confronti del personaggio dopo avere letto questo articolo.
Mi scuso quindi se troverete delle lacune nella cronologia di spettacoli realizzati dal grande Macario , ma lo scopo che mi prefiggo non è questo.
I cenni della sua biografia servono soltanto per comprendere la vastità del successo di un personaggio che ha calcato le scene per 60 anni , dal teatro al cinema , alla televisione sempre portandosi dietro una “icona sbarazzina, furbesca e fiabesca “ che è rimasta nell’immagine collettiva di svariate generazioni.
Se esiste una discontinuità adesso , spero di sollecitarne il ricongiungimento.
Macario era una maschera clownesca le cui caratteristiche più appariscenti erano un ciuffo di capelli sulla fronte, gli occhi arrotondati , la camminata ciondolante , un linguaggio con inflessione piemontese . Era un mimo naturale che esprimeva una comicità surreale che aveva un contrasto eccezionale sulla ribalta con le sue “ donnine “ ( pardon soubrettes) sprizzanti erotismo .
Un personaggio del livello di Charlot con la sua stessa ingenuità che esprimeva così un umorismo innocente e poetico. Battute veloci , pause prolungate con dolci espressioni ad occhi sgranati , una figura lunare e senza età , amata dai grandi e dai piccini , dagli uomini e dalle donne .
L’uomo Erminio Macario, meglio noto al pubblico semplicemente come Macario è stato un popolare attore italiano di teatro, cinema e televisione nato a Torino nel 1902 da una famiglia molto povera e qui morto nel 1980.
Debuttò nel teatro giovanissimo in compagnie paesane e dialettali .Nel 1921 esordì ufficialmente nel teatro di prosa , nel 1924 passò a quello di varietà con una scrittura nella compagnia di "balli e pantomime " di Giovanni Molasso. Il suo debutto con il ruolo di "secondo comico" fu al "Teatro Romano" di Torino con le riviste "Sei solo stasera" e "Senza complimenti" ma l’ingresso nel teatro che conta avvenne nel 1925 , quando la famosissima soubrette Isa Bluette lo notò e lo scritturò nella sua compagnia come "comico grottesco" esordendo a Torino con "Valigia delle indie", di Ripp e Bel-Ami.
Macario rimase con Isa Bluette per quattro anni, guadagnandosi prima il titolo di "comico " e finalmente il nome "in ditta" (1929). Sempre nel 1929 firmò la sua prima rivista come autore, Paese che vai, in collaborazione con Chiappo e nel 1930 fondò la sua compagnia teatrale, con la quale girò l'Italia per diversi anni. Nel 1937 scritturò Wanda Osiris, con cui costituì la coppia più famosa degli spettacoli di genere. Sarà proprio la coppia Macario-Osiris a mettere in scena una delle prime commedie musicali italiane, "Piroscafo giallo" di Macario, Ripp e Bel-Ami.
A partire dal 1937 Macario ogni anno presentò una nuova rivista con sempre nuove “donnine”, tra cui attrici bellissime e brillanti (che scrittura in sostituzione delle ballerine, nel tentativo di dare lustro al genere).
Tra le tante attrici lanciate da Macario si ricordano Tina De Mola, Olga Villi, Lea Padovani, Isa Barzizza, le sorelle Nava (Pinuccia, Diana, Lisetta e Tonini), Elena Giusti, Lily Granado, Marisa Maresca, Lauretta Masiero, Dorian Gray, Flora Lillo, Marisa Del Frate, Lucy D'Albert, Valeria Fabrizi, Sandra Mondaini e le Bluebelles Girls (da cui emergerà Lea Padovani, apprezzata in seguito come attrice cinematografica).
Nel 1938 nasce il grande amore per la bellissima sedicenne Giulia Dardanelli, che sposa (in seconde nozze) nel 1951 , a Parigi , in occasione della rappresentazione della rivista "Votate per Venere". Intanto, dalla loro unione erano già nati due bambini, Alberto e Mauro ( che diverrà poeta e scrittore, nonché biografo del padre).
Per merito della sua ineguagliabile maschera e dei suoi spettacoli ricchi di scene , con costumi sfarzosi e donne bellissime , Macario diventa il protagonista più famoso della rivista italiana, tanto da essere consacrato come il "Re della rivista".
Per tutti gli anni ’40 Macario prosegue la sua attività in teatro, sfornando un successo dietro l'altro. Memorabili restano le riviste "Amleto, che ne dici?" (1944), "Febbre azzurra" (1944-45), "Follie d'Amleto" (1946), "Le educande di San Babila" (1948), "Ocklabama" (1949) e "La bisbetica sognata" (1950).
Cambiano i tempi ed i gusti del pubblico e dal 1955 alle riviste subentrano le nuove commedie musicali .
Accanto a grandissime primedonne quali Sandra Mondaini e Marisa Del Frate, realizza indimenticabili spettacoli come "L'uomo si conquista la domenica" (1955), "Non sparate alla cicogna"' (1957) di Maccari e Mario Amendola, "E tu, biondina" (1957) e "Chiamate Arturo 777" (1958) di Corbucci e Grimaldi
Parallelamente al teatro, nei primi anni ’30 Macario inizia a recitare anche per il cinema .Esordisce nel 1933 con il film Aria di paese (di cui firma anche la sceneggiatura ), che si rivelerà una esperienza poco fortunata.
Il secondo tentativo, Imputato, alzatevi! (1939, regia di Mario Mattoli e soggetto di Vittorio Metz e Marcello Marchesi), invece avrà molto più successo. Forse proprio con questo film, per la prima volta nella storia del cinema italiano , si può parlare di comicità surreale per la presenza di una maschera lunare e surreale con l’immancabile ricciolo a virgola.
Seguirono poi, in una ideale trilogia dei tempi del fascismo, i film Lo vedi come sei? (1939), Il pirata sono io! (1940) e Non me lo dire! (1940).
Il successo di Macario nel cinema continuò in maniera esaltante anche negli anni ‘50 e nel 1957 il regista e scrittore Mario Soldati lo volle per il suo Italia piccola per un ruolo drammatico dove riscosse grande successo . Dal 1959 al 1963 recitò in ben sei film con il suo grande amico Totò: La cambiale (1959), Totò di notte n. 1 (1962), Lo smemorato di Collegno (1962), Totò contro i quattro (1963), Il monaco di Monza (1963) e Totò sexy (1963). Non come “spalla “ seppur di lusso , come indicato in maniera frettolosa e superflua in qualche biografia , ma con dignità di comprimario oltretutto “ supplente “ di alcune “defaillance strutturali “ che il Principe cominciava a manifestare . ( Totò cominciava ad avere gravi problemi alla vista ).
Cambiano di nuovo i tempi ed i gusti del pubblico ( anche i costi eccessivi dei grandi varietà) e Macario si dedica soprattutto al teatro di prosa distinguendosi anche in ruoli drammatici e facendo qualche incursione nel teatro dialettale. Anche qui ottiene un grande successo con una rivisitazione del famoso testo piemontese Miserie 'd Monsù Travet, messo in scena allo Stabile di Torino nel 1970 .
Negli anni ‘70, Macario si dedica alla trasposizione televisiva di alcune sue commedie di successo; fra i tanti lavori di quel periodo, sono da ricordare Achille Ciabotto medico condotto (1971-72), Carlin Ceruti sarto per tutti (1974), il film Il piatto piange (1974) di Paolo Nuzzi e Due sul pianerottolo (1975-76), grandissimo successo a teatro accanto a Rita Pavone .
In televisione fu tra i protagonisti di Carosello , fino al suo congedo che avviene nel 1978 . La Rai gli tributa un varietà, Macario più, sei puntate tra prosa e rivista in cui l'attore ripercorre le tappe della sua lunga carriera all'insegna di un umorismo gentile, immediato e popolare.
Il suo ultimo lavoro teatrale fu Oplà, giochiamo insieme e dopo pochi mesi Macario morì .
Teatro